Arturo GERVASI (Vignanello)

Tenore 08/07/1889 – 19/03/1984

Siamo nel 1900, Arturo inizia il suo curriculum scolastico in un Convitto Militare seguito, l’anno successivo, dal fratello. Purtroppo la sua fanciullezza è segnata da un lutto atroce: nel 1905 perde suo padre Gaetano, benestante e stimato Ufficiale Sanitario in Vignanello.
La morte del padre crea, in famiglia, gravi problemi economici: non esistono altre fonti sostentamento ed il periodo storico è un periodo recessione.
Convinto trovare fortuna lontano dal paese, chiede ed ottiene ospitalità da parenti stabilitisi a New York; nel 1907, all’età 17 anni, realizza il suo sogno: lasciare l’Italia ed emigrare in America.


Arturo ha già deciso che si adatterà ai lavori più umili: cameriere, barista, imbianchino, muratore, manovale generico, addetto alle pulizie; lavori da emigranti, come allora erano definite tali occupazioni.
Gransacrifici per il sostentamento, fatica, nostalgia, rimpianti per una scelta vita che sembra essere un interminabile baratro senza ritorno, lo accompagnano nei primi mesi.

La lirica è la sua passione ed i parenti americani che lo ospitano e che conoscono questa sua grande dote, lo iscrivono in un College per la formazione al canto lirico, dove studia recitazione, coreografia scena, dizione, mimica (Arturo non ricordava con precisione il nome del College ma ricordava perfettamente la bianca divisa indossata dagli iscritti). 
In un importante Teatro lirico New York, il principale interprete dell’Opera in programmazione ha un malore poco prima andare in scena, non può cantare e per l’impresario si profila una vera e propria catastrofe artistica!
C’è gente importante che ha prenotato la rappresentazione, uomini che contano e che desiderano trascorrere una serata mondana e, poi… lo spettacolo deve continuare! 

E’ quasi sempre così: la sfortuna alcuni, contribuisce, spesso, alla fortuna altri.

L’impresario pensa ad Arturo Gervasi, una grande voce con poca esperienza, potrebbe tradirlo l’emozione, ma non ha scelta!

Neanche Arturo ha alternative: ora o mai più! E’ giunto il suo momento gloria.

Arturo non sbagliò e fu un successo: la sua interpretazione risultò magistrale, il Teatro, in delirio, lo applaudì per un tempo lunghissimo, quasi interminabile. Arturo, in una sua timida uscita sul palcoscenico, mormorò, piangendo, solo un “grazie America”.

Quel successo lo rese famoso in tutti gli Stati Uniti ed il “New York Time” gli dedicò un articolo in prima pagina definendolo il “nuovo Caruso”. Si esibì in tutti i più famosi teatri diventando sempre più popolare e ricco. 

Frequentò i Circoli dell’Alta società Newyorchese, i politici importanti, la gente spettacolo e conobbe Eduardo Cansino, famosissimo ballerino spagnolo, padre Margarita Carmen Cansino, in arte Rita Hayworth, alla quale fu legato da tenera amicizia fino al 1946.
Conobbe, con probabilità, anche personaggi poco raccomandabili. In America regnava il Proibizionismo, Al Capone (Alphonse Gabriel Capone 1899 – 1946, noto come “Big Al”, origine italiana e fanatico delle conoscenze importanti) è il re incontrastato della criminalità organizzata.

La popolarità Arturo GERVASI crebbe ancora ed invase tutta l’America del Nord e l’America del Sud, cantò a New York, in molti Teatri lirici degli Stati Uniti, del Messico, Rio de Janeiro, Buenos Aires e Montevideo
Forse in una queste sue “sortite” canore, in Argentina, conobbe Antonia (Dinda) Fornari (1892-1976) , figlia agiati emigrati italiani, che sposerà il 01.05.1926 a Vignanello.

Nel 1920/21 conobbe Enrico Caruso e con lui si esibì al Metropolitan New York. Negli anni compresi tra il 1924 ed il 1927 tornò in Italia varie volte, ma sempre da clandestino (non era rientrato in patria per la 1^ Guerra Mondiale e rischiava l’arresto), nel 1924 cantò al Teatro Quirino Roma, nel 1925 al Teatro Rendano Cosenza per la Stagione Lirica ed al Politeama Chiarella Torino, nel 1926 al Teatro Carcano Milano ed al Teatro Balbo Torino, nel 1927 si esibì al Teatro Sociale Biella ed al Teatro Adriano Roma.

Tornò ancora negli Stati Uniti, negli anni 1930 cantò con Beniamino Gigli e Tito Schipa considerati, con Enrico Caruso, i più grantenori del secolo; con essi si esibì in scena e fu lusingato per gli apprezzamenti che questi “grandi” gli riservarono.


A metà degli anni quaranta Arturo tornò in Italia: prima a Roma dove vivevano i parenti della moglie e, con la morte questa ultima avvenuta nel 1976, si trasferì a Vignanello
Stanco del successo e della vita mondana, uscì scena e si ritirò nel suo paese natio utilizzando una piccola casa proprietà, in Via San Rocco al civico 7, venduta poi parzialmente per sopraggiunti motivi economici. 
Usciva raramente. Quando ciò accadeva, si mostrava sempre elegantissimo: abito scuro (forse un po’ liso), camicia, cravatta, cappello, pipa ed immancabile scialle bianco che nascondeva quasi completamente il biancore del suo curato e profumato viso.
Aveva una voce squillante, “argentina” (come il nome un paese delle sue fortune), un parlare quasi melodico, soave come un’interpretazione scena. La sua andatura lenta e solenne mascherava la sua piccola figura uomo; i suoi movimenti, i suoi gesti sembravano quelli abituali una scena teatrale ripetuta e ripetuta più volte: faceva tenerezza il guardarlo.
Gli ultimi anni della sua vita furono particolarmente difficili. Dopo qualche anno dalla morte della moglie, Arturo ottantasettenne, cadde ancor più in depressione. Non aveva figli o parenti prossimi e questo lo fece sentire ancora più solo, inutile.
Fu accudito da qualche nipote acquisito fino al 1979; quando le attenzioni svanirono il nostro “eroe” venne accudito principalmente dal personale dei Servizi Sociali del Comune. 
Nel 1982, questo uomo che aveva fatto parlare sé il mondo intero, in assoluta povertà, infermo, bisognoso assistenza continua, fu ricoverato in una Casa Riposo Soriano nel Cimino da dove decise ancora partire, partire per il suo ultimo viaggio: era il giorno 19.03.1984 (Festa del Papà, una ricorrenza che non festeggiò mai), aveva 94 anni e la carnagione bianchissima un neonato. 
Se ne andò senza clamore, ancora una volta solo; solo come era partito, quasi un secolo prima, per un altro viaggio: quello uno strepitoso successo! 

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