Famiglia Farnese

Nobile famiglia laziale, i Farnese si distinguono come uomini d’arme al servizio del pontefice e delle varie città parte guelfa.

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Nel XII secolo erano noti come domicelli Tuscanienses in quanto possedevano alcuni piccoli feunel territorio della diocesi Tuscania. Ad Orvieto, i membri della famiglia venivano appellati come i signori “de Farneto” e la loro presenza è ampiamente documentata.

Il primo Farnese cui si hanno notizie storiche è un certo Pietro, che fu console di Orvieto nel 984.

Nel 1096 un altro Pietro fu comandante della cavalleria pontificia che nel 1110 sconfisse gli eserciti fedeli all’imperatore di Toscana e, probabilmente, fondò il borgo di Orbetello. Verosimilmente il Petrus de Farneto che combatté in Puglia nel 1134 contro i Normanni è identificabile in quest’ultimo. Suo figlio Prudenzio, console Orvieto nel 1154, accolse nella città il Pontefice Adriano IV, in fuga da Roma a causa dei tumulti provocati da Arnaldo da Brescia. Nel 1158, lo stesso Prudenzio sconfisse i fuoriusciti orvietani appoggiati dai ghibellini senesi. Un altro Pietro difese la città Orvieto dall’assalto dell’imperatore del Sacro Romano Impero Enrico VI.

Altri personaggi noti in quei tempi furono Pepone Pietro e Ranuccio, presenti alla Pace Venezia del 1177 in qualità rappresentanti della città Orvieto. Nel 1254 un Ranuccio sconfisse le schiere di Todi e lottò per papa Urbano IV contro il re ManfreSicilia, nipote Enrico VI. Suo figlio Niccolò partecipò come comandante della cavalleria orvietana a sostegno delle truppe di Carlo I d’Angiò nella battaglia Benevento del 1266, in cui Manfretrovò la morte, segnando la fine degli Svevi in Italia. Monsignor Guido fu vescovo di Orvieto fin dal 1302 e proprio lui fece ampliare il duomo per conservarvi il corporale macchiato dal sangue del “Miracolo Bolsena” (1263). Un altro Pietro fu comandante dell’esercito nella guerra del 1320-1321 Orvieto contro Corneto.

I Farnese tornarono nella Tuscia nel 1319. In quell’anno presero possesso dei territori Farnese e di Ischia Castro, del castello Sala e quello San Savino, nei pressi Tuscania. Nel 1340 i Farnese giurarono cieca obbedienza ai difensori del Patrimonio San Pietro e così, già nel 1354 il cardinale Egidio Albornoz, in segno gratitudine del Pontefice per l’aiuto militare ricevuto nel recupero delle terre e dei castelli perduti durante la cattività avignonese, concesse a Puccio, Pietro e Ranuccio Farnese il territorio di Valentano. Nel 1360 questi guerrieri marciavano sotto le insegne di Pandolfo dell’Anguillara, capo della fazione guelfa, contro i ghibellini capitanati dai Prefetti Vico.

Nel 1362 Pietro Farnese fu capitano generale dei fiorentini nella guerra contro Pisa per il controllo di Volterra; riportata la vittoria, venne onorato con un monumento equestre in Santa Maria del Fiore e, morendo l’anno seguente, fu sepolto nella chiesa stessa in un sarcofago.

Nel 1368 Nicolò Farnese, dopo l’attacco del prefetto Giovanni Vico, portò in salvo il pontefice Urbano V prima nella Rocca di Viterbo e, successivamente, in quella di Montefiascone.

La costante fedeltà nei confronti dello Stato pontificio permise alla famiglia confermare il proprio dominio sui territori nell’Alto Lazio, vantare una serie privilegi nei confronti della Camera Apostolica tali da permettergli imparentarsi con le maggiori famiglie dell’epoca (gli Orsini, i Savelli, i Colonna, i Monaldeschi, gli Sforza Santa Fiora) e instaurare rapporti diplomatici con le Signorie importanti città quali Siena.

Papa Paolo III

dal 1545, anno in cui Pier Luigi Farnese, figlio papa Paolo III, fu investito dal padre del ducato Parma e Piacenza. Le origini non sono ben note, ma furono certamente modeste, perché i primi documenti ci mostrano i Farnese signori non molto conto e al seguito signori maggiori, e più ancora, a partire dal sec. XII, in servizio varie città, ma specialmente Viterbo e Orvieto. I panegiristi che fiorirono più tarhanno parlato origini francesi e anche longobarde: il vero è che la famiglia deve avere assunto tra il sec. XI e il XII il suo nome da quello un suo feudo non molta importanza: Castrum Farneti. Il più antico documento accertato risale al 1134 e ci mostra un Petrus de Farneto, al quale, per avere militato in Puglia contro i Normanni, era stato restituito il Castrum Farneti concesso agli antenati fino dal tempo Ottone I. Forse questo Pietro è lo stesso che l’Annibali ci presenta fondatore Orbetello nel 1100. Altri documenti posteriori rammentano un Prudenzo F. che alle porte Orvieto riceve, come rappresentante della città, il papa Adriano IV. Comunque non è improbabile che sia esistito in quei tempi un Pietro, che deve aver dato per il primo un impulso notevole alla fortuna della famiglia spingendola a partecipare alle lotte feudali e più ancora alle lotte fra le fazioni delle varie cittadine tra Viterbo e Orvieto. Se essi fossero rimasti entro il cerchio delle loro terre, che si estesero all’ingrosso e quasi sempre unite tra il lago Bolsena e il Tirreno, sarebbero stati presto sopraffatti dai vicini potenti, come i prefetti Vico e gli Anguillara. Ma fin dalle lontane origini i Farnese hanno mostrato un istinto che è divenuto caratteristico della famiglia attraverso tutti i secoli: e cioè sapersi inserire nelle lotte e trarne tutti i vantaggi possibili. Si misero pertanto al servizio delle città, acquistarono onori, ricchezze, forza e anche, occorrendo, aiuto, e divennero ben presto una prosapia guerrieri audaci, bellicosi e astuti.

Non difettano i documenti per seguire il robusto affermarsi dei F., anche se non sempre è dato poter seguire con sicurezza l’esatta linea genealogica. Ben cinque notevoli uomini d’arme dal nome Pietro si susseguono, alternati da parecchi che portano il nome Ranuccio (l’uno e l’altro nomi gloriosi e frequenti della casa) per circa quattro secoli. Un Pietro II difese Orvieto contro Enrico VI imperatore, un terzo corse in aiuto Firenze contro Enrico VII, un quarto liberò Bologna nel 1354. Costante in tutti una linea direttiva: essere sempre fedeli al pontefice. Un Pietro V fu fortunato generale dei Fiorentini, che condusse nel 1363 alla vittoria contro i Pisani; un Guido fu vescovo Orvieto e nel 1309 ne consacrò il duomo. Anche durante lo scisma i F. rimasero fedeli al pontefice e ne ebbero infatti concessioni feue dignità. Al principio del secolo XIV i possessi della famiglia apparivano ingrossati terre, che facevano però sempre capo al vecchio nucleo centrale, intorno al lago Bolsena. In quegli anni si può considerare che termini il periodo strettamente feudale e campagnolo.

Con Ranuccio il Vecchio, che in gioventù era scampato a un eccidio il quale minacciò annientare l’intiera casata, ha inizio il periodo romano. Senatore nel 1417, difensore militare dello stato pontificio, sostenuto dai Colonna, ebbe poi più specialmente fama e autorità sotto Eugenio IV, al quale i F. debbono gran parte della loro fortuna, perché egli rese possibile la loro ascesa tra le granfamiglie della città e insieme l’acquisto ricchezze (terre Valentano, Marta, Montalto, Cassano, Latera e Canino). Il matrimonio Pier Luigi F. (I) figlio Ranuccio, con Giovannella Caetani, sorella Nicola duca Sermoneta, fece entrare i F. nella grande aristocrazia romana. Ma non fu dimenticata la vecchia sede originaria e Ranuccio fece costruire nel 1448 nell’isola Bisentina, nel lago Bolsena, la tomba famiglia. In pochi decennî la famiglia subisce una trasformazione significativa. Pur permanendo in essa più o meno accentuata la caratteristica guerrieri e uomini politici, si afferma anche in alcuni una maggiore gentilezza non dovuta soltanto al fatto dell’essere essi diventati cittadini, ma anche a tutta una nuova educazione in gran parte umanistica e cortigiana che accompagna in essi la consueta tradizione delle armi. Sarà questa una caratteristica che i Farnese conserveranno sino alla fine.

Alessandro Farnese 

Figli Pier Luigi I furono Bartolomeo, Alessandro e Giulia: il primo divenne capo della linea che si disse Latera, la quale visse modestamente e si estinse nel 1668, l’altro fu il primo cardinale della famiglia e divenne papa (v. paolo iii); Giulia fu la famosa “Bella”, che riempì le cronache mondane romane sulla fine del secolo e che ebbe relazioni amorose col papa Alessandro VI. Aveva sposato nel 1489 Orsino Orsini e la figlia Laura diventò, poi, la moglie Niccolò della Rovere, nipote Giulio II. Il cerchio della parentela si allargava in tal modo e collegava strettamente i F. alle più cospicue e storiche famiglie dell’Urbe. Chi però volle aprire la via della cultura e delle alte relazioni fu, più che Ranuccio o Pier Luigi, la moglie quest’ultimo, Giovannella Caetani, che spinse per le vie ecclesiastiche e agli uffici corte il figlio Alessandro. Con Alessandro, peraltro, la linea centrale dei Farnese avrebbe dovuto finire e passare alla linea molto secondaria Latera. Preoccupato questo, sembra che egli abbia voluto avere dei figli che poi fece legittimare da Giulio II e da Leone X. Paolo e Ranuccio, i prediletti, non vissero a lungo, ma Pier Luigi e Costanza ebbero parte non piccola nella vita e nella storia del loro tempo, specialmente quando il cardinale Alessandro divenne papa e poté pontificare per quindici anni, spazio tempo sufficiente per ricostruire una seconda volta, dopo Ranuccio il Vecchio, la casa pericolante. In tal senso va spiegato lo spiccato nepotismo Paolo III. Nel 1537, il nuovo papa, Paolo III, nominò il figlio Pier Luigi Farnese “gonfaloniere santa Romana Chiesa“, poi lo insignì del titolo “Duca Castro” che gli conferiva il pieno possesso e il dominio sugli antichi possedimenti, compresi fra il Tirreno e il lago Bolsena, appartenuti a Ranuccio il Vecchio e giunti integri nelle mani papa Paolo III, il quale aggiunge a questi possedimenti molte altre terre, grazie anche all’aiuto del figlio Pier Luigi stesso. Il nuovo Ducato, con capitale la fortezza di Castro, comprendeva i territori di Montalto, Musignano, Canino, Cellere, Arlena, Tessennano, Piansano, Valentano, IschiaGradoli, Grotte, Borghetto, Bisenzio, CapodimonteMarta, le Isole di Bisentina e di Martana. Al Ducato erano dipendenti i territori exclave di RonciglioneCaprarolaNepi, Carbognano, FabricaCanepina, Vallerano, Vignanello, Corchiano e Castel Sant’Elia.

Con l’assegnazione Castro e Ronciglione nel 1538 fu arrotondato il patrimonio della famiglia, che tra beni allodiali e feudali costituì un discreto nucleo territoriale a nord Roma; con l’erezione a ducato delle città Parma, Piacenza e Guastalla, con dipendenza vassallaggio dalla Chiesa, e con l’investitura ereditaria nel figlio Pier Luigi e suoi discendenti, Paolo III costituì definitivamente la fortuna della casa ch’egli non soltanto assideva fra le dinastie italiane, ma poneva senz’altro a pari delle grancase regnanti d’Europa, sia col matrimonio del nipote Ottavio con Margherita d’Austria figlia naturale Carlo V, sia con quello dell’altro nipote Orazio con la figlia naturale Enrico II, Diana Francia, duchessa d’Angoulême.