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L’area sorge su un promontorio coperto da fitta vegetazione che domina il settore viterbese compresa nella zona dei monti Cimini detta appunto “Piana S.Valentino”, compresa tra i Monti S. Antonio, Turello e Roccaltia.
Proprio la fitta copertura boschiva e, forse, la vicinanza al noto Castello Roccaltia e ad altre emergenze archeologiche, ha nascosto per decenni il sito a studiosi e ricercatori, prima degli scavi attualmente condotti dall’Università della Tuscia Viterbo.
Lo scavo ha riportato alla luce Su una piccola altura una chiesa notevoli dimensioni, ben 20 metri per otto, che conserva ancora le sue strutture murarie per oltre un metro.

Si tratta un grande edificio culto, databile al XII secolo d.c. rifondato però su un edificio culto ancora più antico, VII – XI secolo, cui è stata rinvenuta anche l’epigrafe dedicatoria”. mononave absidata e una estesa area dei necropoli, affiancata da numerose “pestarole”, vasche scavate direttamente nel tufo che attestano la presenza attività produttive ben più tarde dell’edificio culto. Nel caso specifico San Valentino se ne possono trovare singole, con canali scolo, collegate una all’altra, varie forme, probabilmente in alcuni casi coperte da strutture lignee, come testimoniato dalle buche palo presenti in situ,esse erano destinate ad un uso non ancora ben determinato ma afferente certamente a lavori stagionali o occasionali legati alla produzione agricolo-contadina connessa all’uso liquidi, probabilmente vino o acqua, mentre si può forse escludere l’olio. Senza poi estromettere, sulla base quelle che erano le produzioni artigianali dell’area cimina, altre attività che potevano prevedere la depurazione delle argille, concia delle pelli, battitura della canapa e trattamento del lino, spegnimento della calce e altro ancora.

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